Corpo e parole, un legame molto stretto i cui contorni si fanno sempre più precisi via via che aumenta il livello di consapevolezza e senso critico nella società contemporanea. La rivoluzione digitale della comunicazione e l’accessibilità alle piattaforme social hanno modificato modalità e regole del linguaggio e della gestione dei conflitti, spesso distorcendole. Usare le parole è un’arte nell’epoca della polarizzazione delle opinioni e della scomparsa delle sfumature, e talvolta dimentichiamo che sono loro a rappresentarci nel mondo esterno. Si può praticare il dubbio come strumento vincente di ragionamento e discussione, sostiene Gheno, e così distillare un “metodo” per ricordarci la responsabilità che ognuno di noi ha in quanto parlante.
Più attenzione, dunque, anche verso le definizioni facili, gli stereotipi interiorizzati così profondamente da diventare verità condivise: uno per tutti, l’indispensabilità della bellezza.
Ed è proprio Blasi, in una serie di fulminei saggi che come istantanee fotografano lo stato dell’arte del sentire comune, che pone – e ci pone – una domanda semplice e sovversiva: ma davvero, per vivere appieno in società, si deve per forza essere belle? E perché l’avvenenza riguarda solo le donne? La discussione è aperta.